La Quercia

Nome:

Quercus robur (Farnia) e Quercus petraea (Rovere) sono le due specie più diffuse. La parola latina quercus risale secondo alcuni a una radice indoeuropea *perkw-u, da cui deriverebbe anche il lituano Perkunas, dio della tempeste il cui culto è strettamente associato alla Quercia. Secondo altri invece il nome deriva dal celtico kaer, che significa “bell’albero”.

L’epiteto specifico robur in latino significa duro, resistente, e si riferisce alla natura robusta dell’albero. Petraea si riferisce a una supposta predilezione di questa specie per terreni pietrosi o rocciosi, predilezione in realtà non del tutto vera, anche se in effetti il Rovere, rispetto alla Farnia, preferisce terreni ben più drenati. La famiglia a cui appartengono è quella della Fagaceae.

Botanica:

Dopo l’ultima glaciazione, nell’epoca dal 5000 al 2000 a.C. circa, farnie e roveri erano tra gli alberi dominanti in Europa centrale e occidentale. Oggi in questi territori è il Faggio ad avere il predominio. Entrambe queste specie restano tuttavia molto frequenti in alcune zone dell’Europa del sud e del sud-est, dove talvolta riescono anche a formare boschi. La Quercia è molto sensibile alle gelate invernali, cosa che ne blocca la diffusione verso l’estremo nord e la Siberia, ma può crescere sia su terreni asciutti che su terreni umidi. A differenza di molti altri alberi ed esseri viventi, tende a crescere e prosperare anche vicino a falde freatiche o in prossimità di fiumi sotterranei. Questa, insieme alla sua tendenza a produrre forti correnti elettriche, sarebbe la ragione per cui la Quercia è l’albero che più di tutti tende a venir colpito dai fulmini, caratteristica che l’ha resa celebre e venerata fin dall’antichità, albero sacro alla Grande Dea neolitica prima e in seguito agli dei patriarcali dei fulmini e del cielo Zeus, Giove, Taranis, Perkunas, Thor.

Può raggiungere un’altezza anche di 35 metri e può vivere anche fino a 1000 anni, anche se la maggior parte degli esemplari, se non abbattuta prima, arriva fino a 6-800 anni. Raggiunge l’età fertile intorno tra i 30 (gli esemplari isolati) e i 60 anni (gli esemplari nei boschi) e allora sui suoi rami iniziano a maturare le ghiande, frutti che, una volta pronti a staccarsi dall’albero, si presentano marroni, dalla forma allungata e alloggiati nelle tipiche cupole (chiamate in inglese anche fairy-cups). Le ghiande sono molto nutrienti (70%di amido e zucchero e 6% di proteine), e sono le uniche a maturare in coppe aperte, mentre tutti gli altri frutti della famiglia delle Fagaceae (faggio e castagno) crescono in contenitori duri e spinosi. Le ghiande sono un deposito di cibo così ricco per i germogli che questi possono crescere anche in posti ombreggiati o fra l’erba folta. Cibo prediletto dei maiali, che un tempo (e da qualche parte ancora oggi) venivano fatti pascolare liberi per i boschi di querce, vengono seppellite anche da scoiattoli e ghiandaie come scorte invernali di cibo e, nel Medioevo e in tempi difficili, hanno dato nutrimento anche alla specie umana. Dato l’elevato contenuto di tannino però, che le rende terribilmente amare, l’uomo riesce a mangiarle solo in forma lavorata, come farina per esempio, o come bevanda simile al caffè.

Il glande dell’organo sessuale maschile prende il nome proprio da questo frutto, di cui ricorda la forma. Questa somiglianza, unita alle proprietà tradizionali degli estratti di Quercia (soprattutto decotto di corteccia), impiegati fra le altre cose come tonici sessuali sia maschili che femminili, ha contribuito ad accostare l’immagine della Quercia con i concetti di fertilità e abbondanza.

A primavera la Quercia è una delle ultime a mettere le foglie, le sue gemme aspettano per germogliare fino ad aprile, quando si aprono quasi in contemporanea con lo sbocciare dei fiori. Le foglie, lunghe dai 4 ai 16 centimetri, dalla tipica forma lobata, più larga in cima, leggermente irregolare, sono però fra le ultime a cadere dai rami, resistendo anche fino alla fine dell’inverno, marroni e rinsecchite, in cima alla loro grande madre arborea.

I fiori maschili e i fiori femminili crescono sugli stessi alberi. I fiori maschili sono amenti penduli, giallastri, che si sviluppano alla base dei rami dell’anno. I fiori femminili invece sbocciano nella parte apicale del rametto all’ascella delle foglie, sono formati da brevi spighe di 2-5 elementi e hanno colore rossastro.

Sulla Quercia crescono tipicamente anche le galle: malformazioni a carattere escrescente che si formano sulle foglie, sui rami, sul tronco e sulle radici, dovute alla parassitosi di un insetto chiamato Andricus quercusalicis. Le galle, che si potrebbero definire dei “tumori”, in quanto non sono altro che proliferazioni delle cellule vegetali della pianta stessa sul luogo in cui l’insetto ha depositato le uova, vengono tradizionalmente adoperate per la concia e la tintura delle pelli e per produrre inchiostri, definiti appunto ferro-gallici per il fatto che i tannini, di cui le galle sono ricchissime, vengono fatti reagire con del solfato ferroso.

Galla di Quercia

La Quercia ha radici possenti, che si sviluppano inizialmente sotto forma di un grosso fittone che penetra profondamente nel terreno. In pochi anni però si formano anche robuste radici laterali che creano una rizosfera molto espansa. La Quercia tende inoltre a sviluppare un grosso tronco che sostiene il suo intenso metabolismo. Una corteccia spessa, liscia e grigiastra in giovane età ma che diviene rugosa e fessurata con l’andar degli anni, la protegge dal calore e può addirittura facilitarne la sopravvivenza in caso di incendio.

I rami tendono a cambiare improvvisamente direzione, assumendo con gli anni un aspetto nodoso, la chioma irregolare ha una forma aperta, che tende a espendersi formando un’accogliente cupola se la Quercia si trova isolata, mentre in un contesto boschivo tende più ad essere allungata e ovaliforme.

La forma complessiva tipica della Quercia risulta essere maestosa, imponente, massiccia, decisamente più ampia che alta, alberi slanciati si sviluppano solo in caso di sovraffollamento. La Quercia crea un bosco incredibilmente duraturo e stabile, ricco di forme di vita, da sempre venerato dall’uomo come fonte di nutrimento e dimora degli spiriti della Natura.

La Quercia fornisce un contributo insostituibile alla biodiversità, supportando una quantità di forme di vita superiore a quella di qualunque altro albero d’Europa. La Quercia ospita più di 300 specie di insetti e fornisce un’importante fonte di cibo e moltissimi uccelli. In autunno numerosi  uccelli e mammiferi del bosco (tra cui scoiattoli, ghiandaie, tassi e cervi) si nutrono di ghiande. Le foglie cadute ai piedi dell’albero si rompono facilmente e formano una copertura ricca di nutrienti sotto cui prosperano invertebrati come il cervo volante, così come numerosi funghi, come il velenoso Lactarius quietus. La balia nera e la cincia bigia utilizzano i buchi nella corteccia per costruire i loro nidi. Diverse specie di pipistrelli si rifugiano in vecchi buchi scavati dai picchi è sotto a zone in cui la corteccia è allentata e si nutrono dei numerosi insetti che abitano la chioma dell’albero. Ogni Quercia è ala base di un fitto, meraviglioso ecosistema, che sostiene con la sua generosa abbondanza.

Lentinula edoides

Mitologia e storia:

Albero sacro presso quasi tutti i popoli d’Europa, la Quercia conta innumerevoli miti, leggende e tradizioni che ruotano intorno alla sua potente figura.

Il più antico oracolo greco si trovava a Dodona, presso una Quercia sacra a Zeus. In realtà, il luogo era già sacro e sede di un oracolo in tempi preellenici, quando vi si adorava la dea Dione (una manifestazione della Grande Dea legata alla Quercia). In seguito, con la conquista da parte dei Danai, l’oracolo venne attribuito a Zeus, per la sua stretta relazione con le Querce in quanto dio dei fulmini, e per l’importanza di primo piano che l’oracolo rivestiva. Testimonianza di questo “passaggio di proprietà” è rimasta in alcuni miti, che narrano di un matrimonio, che ebbe luogo proprio a Dodona, tra Zeus e la dea arcaica Dione.

A Dodona, appesi alla grande Quercia sacra vi erano dei paioli, che con il vento producevano rumori simili a tuoni. Tali suoni, insieme al rumore naturale prodotto dalle foglie dell’albero mosse dal vento, venivano utilizzati per gli oracoli dalle sacerdotesse (tutte donne).

Secondo un altro mito, riferito da Erodoto , due colombe nere partirono da Tebe, in Egitto: una giunse in Libia fondando l’oracolo di Ammone, l’altra a Dodona dove si posò su una Quercia affermando con voce umana che in quel luogo doveva esserci un oracolo. Così, racconta Erodoto, gli raccontarono le sacerdotesse di Dodona, dette peléiades, colombe, in ricordo della prima colomba.

Sempre presso i Greci, si riteneva che le Querce fossero abitate da non una ma ben due specie di ninfe: le driadi e le amadriadi. Le prime – da dryas, Quercia sacra – avevano la possibilità di abbandonare l’albero, e per questo motivo era proibito abbattere una Quercia prima che i sacerdoti le avessero ritualmente invitate ad allontanarsi. Le seconde -da hama, insieme, poiché erano congiunte indissolubilmente all’albero – erano invece destinate a morire con la Quercia. Appena una Quercia era in pericolo, le amadriadi prorompevano in lamenti minacciosi.

Gli Etruschi invocavano la pioggia agitando contro il cielo fronde di Quercia.

Anche presso i Romani la Quercia era albero sacro, legato al culto di Giove, ma non solo: il tempio dedicato alla dea Vesta, infatti, dea del focolare e della sacralità del quotidiano, era circondato da un bosco di Querce e il fuoco sacro che sempre vi doveva ardere era alimentato dalle sacerdotesse soltanto con la legna proveniente dagli alberi di quel bosco.

Alla Quercia era collegato anche l’antichissimo rito descritto da James Frazer nel Ramo d’oro, che si svolgeva intorno a una Quercia del bosco nella valletta di Nemi, dove si aggirava un uomo con la spada sguainata: sacerdote del bosco sacro a Diana, temeva di essere assassinato da un altro uomo che, uccidendolo, gli avrebbe succeduto nel sacerdozio. ma il rivale, per riuscire nell’intento, doveva staccare il ramo d’oro che cresceva su quella Quercia: un ramo d’oro che, come si spiegherà più avanti a proposito del Vischio, era la materializzazione del fuoco celeste, giunto dal cielo mediante un fulmine per consacrare quell’albero. Strappare il ramo d’oro alla Quercia significava, secondo Frazer, toglierle il radicamento celeste e rendere dunque inerme colui che ne era il re-sacerdote.

Le immense foreste di Querce della Germania stupirono talmente i Romani da indurre Plinio il Vecchio a scrivere nella sua Naturalis historia: “Le querce per la loro smisurata invadenza nel crescere occupano addirittura il litorale e, a causa delle onde che scavano la terra sotto di esse o del vento che le sospinge, si staccano portando con sé grandi isole costituite dall’intreccio delle loro radici: restano così dritte, in equilibrio, e si spostano galleggiando. La struttura dei grossi rami, simile a un armamentario velico, ha spesso creato lo scompiglio nelle nostre flotte quando le onde sospingevano questi isolotti, quasi di proposito, contro la prua delle navi alla fonda di notte; ed esse, non riuscendo a trarsi d’impaccio, ingaggiavano uno scontro navale contro delle piante. Sempre nelle regioni settentrionali la selva Ercinia con le sue querce di enormi dimensioni – lasciate intatte dallo scorrere del tempo e originate insieme con il mondo – è di gran lunga, per questa condizione quasi immortale, il fenomeno più stupefacente. Per non stare a menzionare altri fatti che non suonerebbero credibili , risulta effettivamente che le radici, arrivando a fare forza l’una contro l’altra e spingendosi indietro, sollevano delle colline; oppure, se il terreno non le segue spostandosi, s’incurvano fino all’altezza dei rami e formano degli archi a contrasto come portali spalancati, tanto da lasciare il passaggio a squadroni di cavalleria.”

Questi alberi maestosi e fortissimi erano dedicati a Thor, dio della stirpe degli Asi. Era il dio del tuono e della folgore, analogo ad altri della tradizione indoeuropea: Indra, Taranis, Giove, Dagda. Possedeva un’arma, il martello Mjollnir, ed era protettore dell’ordine stabilito e promotore della fertilità. Rappresentava la forza e la potenza penetrante tipiche dell’energia maschile.

Presso i Lituani si chiamava Perkunas e veniva onorato con fuochi perpetui alimentati con legno di Quercia. Presso i Lettoni diventava Perkun, al quale era consacrata una Quercia d’Oro.

Gli Estoni, di discendenza non indoeuropea ma ugro-finnica, avevano consacrato questi alberi a Taara, il dio del tuono considerato la divinità suprema  e chiamato anche “Vecchio Padre” o “Padre del Cielo”. Presso i Finni la Quercia era considerata l’Albero cosmico i cui rami d’oro riempivano il cielo: l’abbondanza sulla Terra era frutto della sua presenza.

Fra gli Slavi era consacrata al dio del tuono Perun. A Pron, nella Bielorussia, gli alberi consacrati a Perun si trovavano all’interno di un tempio cui potevano accedere soltanto i celebranti e i sacrificatori. Finite le cerimonie, un sacerdote rendeva giustizia sotto una Quercia, celebrando le esecuzioni. Questa usanza era comune anche fra Germani e Celti, poiché la Quercia era considerata la rappresentazione visibile della divinità.

Nel calendario legato all’alfabeto arboreo dei Celti, la Quercia, Duir, corrispondeva alla lettera D e dava il nome al mese in cui cade il solstizio d’estate.

I druidi veneravano la Quercia più di tutti gli altri alberi e la consideravano “Padre della Foresta”, poiché ritenevano che contenesse l’energia, il potere e la forza del loro potente dio Esus. Quando su una Quercia cresceva il Vischio essa diveniva particolarmente sacra, poiché le bacche bianche del Vischio erano considerate sperma del dio e collegavano direttamente l’albero alla forza procreatrice maschile del Cosmo. Il Vischio veniva inoltre chiamato “scopa del fulmine”, e il suo crescere in cima a una particolare Quercia sottolineava il legame tra quest’ultima e le potenze del Cielo.

Anche la dea Brigit (Bridhe, Brigantia, Brigid, Brigadu), dea della Luce e del Fuoco, poi divenuta Santa Brigida, era legata al culto della Quercia, oltre che del Sorbo.

Tanto erano sacre le foreste di Querce che tacito racconta che persino i soldati di Cesare, in Gallia, avevano timore ad affrontarne il taglio: credevano che se avessero usato le scuri contro quei sacri tronchi ne sarebbero uscite lacrime e sangue e i colpi si sarebbero poi riversati su di loro nei campi di battaglia. Cesare allora, campione di razionalismo, abbattè da solo la prima Quercia, insegnando ai suoi soldati a dissacrare.

La Querce furono anche le prime chiese: sotto di esse si radunava il popolo per pregare le divinità, per fare diete e assemblee e per apprendere la sapienza degli anziani. Queste usanze nei paesi del Nord durarono fino al Medioevo, quando ancora l’Europa era ricoperta da fitti boschi, molti dei quali erano dominati da Querce.

Si racconta che mago Merlino celebrasse i suoi incantesimi in un bosco di Querce e che di legno di Quercia fosse la sua bacchetta magica. La Tavola Rotonda di Re Artù era stata costruita utilizzando un unico pezzo di tronco di una enorme Quercia e anche i resti umani rinvenuti in una bara scavata in un tronco di quest’albero presso l’abbazia di Glastonbury (Avalon) sono ritenuti appartenere al grande re di Camelot.

Nella foresta di Sherwood, vicino a Nottingham, l’eroe fuorilegge Robin Hood viveva circondato e all’interno di Querce. La grande Quercia Maggiore era cava e ospitava gli incontri con la sua banda di uomini. La Quercia Maggiore è ancora viva, anche se a rischio di collassare. Ha un diametro di 20 metri e può ospitare 34 bambini nel suo tronco cavo ricco di memorie.

Nonostante nella Bibbia vi siano numerose Querce sacre, nella prima fase della cristianità le Querce suscitarono avversione perché venivano collegate al culto pagano degli alberi. Gli evangelizzatori cristiani dell’Europa centrale, da San Martino a San Bonifacio, sradicavano e tagliavano alberi o boschetti sacri. Centinaia di Querce furono abbattute, dalla Lituania alle Gallie.

Nel IV secolo San Martino, come già aveva fatto Giulio Cesare, abbattè un albero sacro in Gallia per dimostrare che il dio cristiano era più forte delle divinità celtiche e che lui sarebbe rimasto impunito, come in effetti è rimasto. Qualche secolo più tardi San Bonifacio fece abbattere una Quercia sacra in Germania per lo stesso motivo, tuttavia in seguito venne ucciso dai Germani per i suoi metodi cruenti di conversione. In alcune zone d’Europa il culto pagano della Quercia giunse fino al tardo Medioevo. Il teologo Girolamo di Praga nel 1390 tentò di far tagliare una Quercia sacra in Lituania e dovette salvarsi dalla rabbia degli abitanti del luogo.

Non essendo possibile sradicare il culto della Quercia, il cristianesimo lo inglobò fra i suoi propri culti e la Quercia divenne in molti luoghi albero sacro alla Madonna, che nel Medioevo cominciò ad apparire un po’ ovunque tra le fronde di questi alberi.

Una bellissima leggenda sarda racconta che un giorno il Diavolo si recò dal Signore dicendogli: “Tu sei il signore e padrone di tutto il creato mentre io, misero, non possiedo nulla. Concedimi una signoria, pur minima, su una parte della creazione. Mi accontento di poco.” “Cosa vorresti avere?” chiede il Signore. “Dammi, per esempio, il potere su tutto il bosco” propose il Diavolo. “E sia” decretò il Signore “ma soltanto quando i boschi saranno completamente senza fogliame, ovvero durante l’inverno: in primavera il potere tornerà a me.”

Quando gli alberi dei moschi a foglie decidue seppero del patto, cominciarono a preoccuparsi, e con il passare del tempo e l’ingiallire delle foglie la preoccupazione si mutò in agitazione. “Cosa possiamo fare?” si domandavano disperati. “Con l’autunno tutte le nostre foglie cadono!” Il problema pareva insolubile quando al faggio venne un’idea: “Andiamo a consultare la Quercia, più robusta e saggia e di noi tutti la più anziana. Forse lei troverà un modo per salvarci.”

La Quercia, dopo aver riflettuto gravemente, rispose: “Tenterò di trattenere le mie foglie secche sui rami finché sui vostri non spunteranno le foglioline nuove. Così il bosco non sarà mai completamente spoglio e il Diavolo non potrà avere alcun dominio su di noi.”

Da allora le foglie secche della Quercia rimangono sui rami tutto inverno, per cadere completamente soltanto quando almeno un cespuglio si è rivestito di foglie nuove.

Nella contea inglese di Norfolk, vicino al villaggio di Holes-next-the.Sea, è stato rinvenuto un monumento risalente all’Età del Bronzo, circa 2100 a.C., e che è stato chiamato Seahenge, per la sua somiglianza con Stonehenge. Ma a differenza di quest’ultimo, Seahenge è costituito da pezzi di tronchi di Quercia conficcati nel terreno (all’epoca si trattava di una palude salata, oggi è un luogo in cui l’acqua dolce e quella di mare s’incontrano) a formare un cerchio, al centro del quale si trova una radice di Quercia infilata a testa in giù nella sabbia, con le radici che guardano verso il cielo.

Oggi dei pali di legno rimane ben poco, ma all’epoca si trattava di lunghe tavole con la corteccia rivolta all’esterno, che circondavano le radice precludendo la vista a chi non si trovasse nel cerchio.

I rilevamenti archeologici hanno rivelato che il legno è stato abbattuto tutto nello stesso momento, nel 2049 a.C., durante la primavera. Erigere il sito deve essere costato un grande sforzo alla comunità e la stessa costruzione è probabilmente stata eseguita come rituale.

Non è chiaro a quale genere di celebrazioni fosse dedicato il luogo. C’è chi ritiene che si trattasse di una tomba dove il cadavere veniva e scarnato (ovvero i resti venivano lasciati a uccelli e altri animali affinché ne consumassero le carni, lasciando soltanto le ossa). Tuttavia quest’ipotesi necessita ancora di conferma.

Di certo la radice di Quercia rivoltata contro il cielo è un simbolo potente di “inversione” e costituisce un portale che mette in comunicazione il Mondo di Sopra con quello di Sotto, attirando le energie cosmiche nella Terra e permettendo la fuoriuscita verso il Cielo delle forze ctonie.

Nonostante a sua funzione rimanga per ora avvolta nel mistero, questo monumento incredibile ci parla della saggezza dei nostri antenati e della loro capacità di interpretare i simboli, di creare significato, di comunicare con gli Spiriti e le forze della Natura, di attraversare le porte fra i Mondi.E da sempre la Quercia, quest’albero simbolo di saggezza e potere, è considerata un portale, un ingresso dentro se stessi e verso il Cielo che unisce ciò che sopra con ciò che sta sotto.

Fitoterapia:

Governata da Giove (funzionalità primaria) e da Marte (funzionalità secondaria), la Quercia ha le potenzialità dello Scorpione e del Sagittario (organi femminili, bulbo cerebrale, organi maschili, fegato, ipotalamo). Albero legato alla fertilità, in fitoterapia alchemica cura le disfunzioni degli organi sessuali di entrambi i sessi, tramite infusi per via interna e decotti per applicazione esterna.

Secondo la tradizione, il decotto di corteccia di Quercia (100 gr per 1 litro di acqua, il tutto lasciato bollir per 10 minuti) si può usare anche in caso di emorragie per disfunzioni ovariche, metrorragie, leucorree. Si usa la corteccia dei rami giovani, che non abbiano più di due anni, raccolta all’inizio della primavera. Oltre che per le emorragie, la Quercia si può usare anche qualora le mestruazioni siano scarse o assenti, fungendo quindi da riequilibratrice del ciclo mestruale sia in caso di eccesso che di difetto.

L’uso erboristico della pianta è incentrato sulla presenza dei tannini e sulle loro valenze terapeutiche: azione antisettica, azione vasocostrittrice, modica analgesia locale e azione antivirale.

Può essere impiegata come astringente, in particolare per uso esterno, nel trattamento di emorroidi, fistole e ragadi anali, e varici in virtù dell’azione vasocostrittrice e cicatrizzante, oltre che antisettica. Esercita inoltre una valida azione sfiammante nelle infiammazioni delle mucose accessibili (ovvero quelle di bocca, gola, ano e genitali). Ne viene consigliato l’uso anche nei casi iperidrosi di mani e piedi, nel trattamento dei geloni e come antiforfora e regolatore della secrezione sebacea a livello dei cuoio capelluto.

Per via interna, a piccole dosi, è indicata come stomachico e soprattutto nel trattamento di diarree specifiche. In passato era impiegata anche come antidoto in caso di avvelenamento da alcaloidi, sali di piombo, di rame, di antimonio.

In gemmoterapia, le gemme della Quercia sono utilizzate nel trattamento della stipsi per l’azione regolarizzatrice che esplicano a livello surrenalico. Il gemmoderivato è impiegato come tonico, stimolante generale negli stati di convalescenza prolungata, surmenage, ipotensione e, in particolare, nell’astenia sessuale. Gli amenti di Quercus peduncolata (sinonimo di Quercus robur L. utilizzato in gemmoterapia) sono indicati in particolare nell’astenia sessuale della donna. E’ anche segnalato un utilizzo nell’enuresi, in associazione con il gemmoderivato di Abies pectinata. I gemmoderivati delle ghiande e delle giovani radici manifestano un’attività astringente e antinfiammatoria utile nel trattamento della leucorrea.

In floriterapia, il rimedio Oak del repertorio dei fiori di Bach è legato al potenziale della forza e della perseveranza ed è d’aiuto a coloro che non si concedono niente e si fanno carico dei problemi e delle responsabilità degli altri, portando tutto sulle proprie spalle come dei muli da soma, senza mai un attimo di tregua, di riposo, di ricreazione. Si tratta solitamente di persone dai pensieri nobili, che vengono appagate dall’aiutare il prossimo e dal mantenere sempre gli impegni presi, senza tener conto delle proprie esigenze e senza mai cedere alla stanchezza. Riposare o divertirsi causa spesso in questi individui senso di colpa, come se essi non avessero diritto a gioire semplicemente della vita. L’assunzione di Oak in questi casi serve ad allentare la pressione interiore, lasciando che le energie interiori fluiscano più ricche, più libere. Rientra in scena l’elemento giocoso e con esso una maggiore voglia di vivere, che consente di affrontare i propri compiti con minor sforzo. Come una Quercia, non si cessa di essere generosi, solidi e resistenti, ma ci si sente più connessi alle energie cosmiche e della Terra, che sostengono e rigenerano.

Le sue formule energetiche sono: “Allento le redini”, “Ce la faccio senza fatica”, “Mi sento libero”.

E’ un fiore che porta sollievo e leggerezza, che fa sentire amati e ritempra, permettendoci di attingere energia sempre nuova dalla connessione con la Fonte primordiale.

L’energia della Quercia:

La Quercia è la grande saggia del mondo arboreo, una regina gigante, una dea fra le dee.

Unisce la Terra al Cosmo: il suo corpo è materico, radicato, possentemente terricolo, la sua radice fittonante si conficca in profondità nel terreno così come i suoi robusti rami si snodano verso l’Universo. La Quercia stabilisce simbiosi e legami biologici con moltissime forme di vita e questo la rende particolarmente presente, connessa alla Terra, solida; ma nel contempo le sue foglie mostrano tutta l’influenza delle energie planetarie, con la loro forma lobata che rispecchia l’alternarsi del dominio di Giove con quello di Saturno. La Quercia è legata al Sole e alla sua energia vitale, all’energia maschile e fecondatrice di Marte, all’amore di Venere… Tutti i pianeti comunicano alla Quercia i loro influssi, informando le sue cellule di messaggi cosmici.

Nella Quercia avviene lo sposalizio tra Cielo e Terra, unione sancita da fulmini devastanti che spesso lasciano l’albero indelebilmente segnato, come uno sciamano, e a volte addirittura lo uccidono e allora il suo corpo smette di mettere foglie e rimane un enorme relitto in mezzo al bosco, con i rami nodosi che ancora offrono riparo agli uccelli e ancora si aprono verso il cielo, per abbracciare le nuvole.

 

E’ un portale energetico che ci permette di transitare fre i Mondi. Non per nulla anche la tana del Bianconiglio si apre in un tronco di Quercia.

La Quercia è una Maestra di vita. Con la sua presenza silenziosa ci trasmette senza posa la sua pace, il suo coraggio, la sua generosa abbondanza, la sua resistenza stoica e sorridente. Sedendoci vicino al suo tronco abitato e ricoperto di muschio, la cui rugosità ci mostra la meraviglia  dell’invecchiare bene, veniamo avvolti dalla sua energia accogliente e calmante. La Quercia rappresenta l’accettazione totale del Mondo e della Vita, senza paura, senza egoismi, senza condizioni. La Quercia non si lamenta mai, nemmeno quando è malata, e ha sempre qualcosa da offrire a chi la va a trovare. Sta lì tranquilla e ti abbraccia se ti avvicini, come farebbe una nonna.

Una nonna saggia che ha compreso che la vita non è altro che Amore, che l’Amore è accettazione incondizionata e che soltanto tramite questa via si può raggiungere la vera Gioia. La sua grande forza è solo apparentemente maschile. In realtà la sua incredibile resistenza, il suo coraggio, la sua generosa accoglienza, sono tipiche qualità femminili, di una femminilità ancestrale, che ha visto e compreso molte cose e che non smette di sorridere con semplicità alla vita e non smette di dirle di sì, perché ancora la trova troppo bella, perché sa che non finirà mai…

La Quercia è saggezza e gioia perenne. Il continuo donarsi al mondo si chi sa di essere abbastanza forte per sostenere gli altri senza aver paura del male che può riceverne. La Quercia sa che il male non è altro che energia dotata di carica negativa. Basta cambiarle direzione, e la stessa energia si trasforma in Gioia.

La Quercia dice “Io sono. Non c’è niente che mi possono portare via che pregiudichi la mia esistenza.”

Ci offre protezione, ci accoglie, ci consola, muta la nostra energia negativa in positiva, ci calma e ci riequilibra. Meditare sotto a una Quercia ci permette di entrare in contatto con la parte più antica e saggia di noi, risvegliando il nostro potenziale di coraggio mite, ricaricando la nostra riserva di resistenza, donandoci solidità, serenità, concretezza, radicandoci alla Terra e al Cielo al tempo stesso, facendoci sentire “incastonati” nel mondo, un tutto continuo con la realtà vibrante e pullulante di vita che ci circonda.

Con la Quercia non siamo soli. Sedere sotto di lei è come tornare a Casa. Si è al sicuro, insieme a centinaia di altre forme di vita che vivono in pace sulla Quercia come sorelle.

La Quercia ci insegna la bellezza dell’invecchiare, il coraggio spensierato, la gioia del dono senza aspettarsi nulla in cambio, la tolleranza e l’accettazione incondizionata del mondo, che sola permette la convivenza nell’Amore.

Immensa gratitudine va a questa Grande Saggia, da secoli tempio, casa, madre e maestra del piccolo uomo.

Bibliografia:

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Questo articolo è stato pubblicato in Gli Alberi

 

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